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18 venerdì Set 2015

orso-polare-360x214Sta facendo rapidamente il giro del mondo, trasformandosi in un simbolo che dimostra la realtà (di cui c’è ancora chi stenta a credere) e l’urgenza dell’emergenza rappresentata dal global warming. La foto l’avrete vista tutti: si tratta di una femmina di orso polare emaciata, letteralmente pelle ed ossa, bagnata, infreddolita, e abbarbicata su quel rimane della banchina polare, divorata dal riscaldamento globale. L’autrice dello scatto, pubblicato lo scorso 20 agosto, è la fotografa Kerstin Langenberger, che spiega di aver catturato l’immagine nelle Svalbard, un arcipelago norvegese nel Mar Glaciale Artico, e di averla poi condivisa sul suo blog per testimoniare la triste situazione degli orsi polari, letteralmente affamati dallo scioglimento dei ghiacci.

Normalmente gli esperti considerano le Svalbard una zona relativamente tranquilla per questi animali, dove la loro popolazione è stabile se non addirittura in lento aumento. La situazione che si trova visitando l’arcipelago, racconta però la fotografa, sarebbe un’altra: ghiacci che ritirano a colpo d’occhio, e femmine affamate, ferite, con cuccioli che spesso non sopravvivono ai primi due anni di vita.

Se i maschi infatti trascorrono tutto l’anno sulla banchina polare, dove possono nutrirsi delle loro prede naturali, le foche, rimanendo così in perfetta salute, le femmine hanno spesso un altro destino. Recandosi sulla terra ferma per dare alla luce i cuccioli, spesso resterebbero bloccate a riva dal brusco ritirarsi del ghiacci nel periodo estivo, in un ambiente per loro estraneo, dove sono facilmente vittima della scarsità di cibo e di incidenti.

Per questo Langenberger ha deciso di postare la foto, che secondo la reporter rappresenta un monito dell’urgenza e della gravità della situazione, e delle conseguenze inevitabili che avrà lo scioglimento dei ghiacci dovuto al riscaldamento globale. Un messaggio importante, che non perderebbe la sua potenza anche se, come sottolineano alcuni esperti, la foto mostrasse in realtà qualcos’altro.

Penso che esisteranno sempre, in qualunque popolazione di animali, esemplari in cattive condizioni”, ha raccontato su Live Science Karyn Rode, biologa del U.S. Geological Survey di Anchorage, per spiegare perché ritiene la spiegazione di Langenberger fuorviante. “Può capitare a causa di una ferita, o perché l’esemplare è molto vecchio, e ha perso alcuni dei suoi canini”.

Gli orsi polari infatti sono grandi predatori privi di nemici naturali, e per questo nella maggioranza dei casi quando muoiono è per l’incapacità di procurarsi il cibo. I dati disponibili sulle 19 popolazioni di orsi polari del pianeta parlano in effetti di 3 in declino, 1 in aumento, 6 stabili (tra cui quella delle Svalbard), e 9 per cui mancano dati sufficienti.

Ciò non vuol dire però che la specie sia fuori pericolo. I dati di riferimento risalgono infatti agli anni ’70, un periodo in cui gli orsi polari erano stati portati sull’orlo dell’estinzione dalla caccia eccessiva. Nei decenni seguenti, con la messa al bando internazionale della caccia di questi animali, il numero di esemplari è quindi aumentato notevolmente in tutto il pianeta. Questo però non vuol dire che oggi se la stiano passando bene. La scomparsa dei ghiacci, che continuerà ad intensificarsi nei prossimi decenni a causa del crescente effetto del global warming, determinerà infatti una riduzione sempre più drastica del loro habitat, e secondo gli esperti questo avrà gravi conseguenze per tutte le popolazioni di orsi polari.

La spiegazione di Kerstin Langenberger quindi potrebbe forse essere fuorviante, ma questo non diminuisce l’importanza del messaggio che veicola.

articolo scritto da Simone Valesini per Galileo – giornale di scienza